CARRELLO
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Arbano era un poco di buono …. ma così erano tanti altri giovani di quel tempo di un tempo nel quale si rubava e si truffava per sopravvivere.Si rubava per mangiare, per vestirsi e per avere piccole soddisfazioni: un paio di scarpe, un pacchetto di sigarette, qualche piccolo oggetto da regalare ad una ragazza.Era il tempo nel quale i loschi figuri che si aggiravano nelle campagne erano tanti e qualcuno era armato ed uno di questi era Arbano che un giorno purtroppo userà la pistola.Era arrivata la tragedia della Grande Guerra, nell'estate del '21 arrivarono le più gloriose giornate per Sarzana e infine arrivarono gli anni '30 con gli omicidi senza rimorso di Vizzardelli e sempre, il caso volle, che i familiari di Arbano vi si ritrovassero coinvolti loro malgrado mentre lui tra la Francia e l'Italia proseguiva la sua attività …. Con l'occasione l'autore approfondisce alcuni temi, come l'importanza della 'propaganda' prima e durante il primo conflitto mondiale, lo stretto legame tra arditismo e squadrismo, la morte di Rinaldo Spadaccini e la sorprendente liberazione il 21 luglio di Renato Ricci e degli altri squadristi.
Ho letto “Arbaneto géa 'n pògo de bon” Anche questa volta mi sono appassionata alle vicende così accurate e ben documentate da Alberto. E ancora una volta mi sono sorpresa a pensare che in fondo solo un pugno di anni ci separa da un mondo così violento e disperato. Sono gli anni nei quali hanno vissuto i miei nonni, anni in cui la vita delle persone valeva molto poco, anni in cui la fatica di vivere e la morte affiancavano ogni esistenza. Lo svolgersi delle vicende dei protagonisti pone in piena luce il passaggio da un periodo di confusione e disordine, con poche speranze per il futuro, al quale ci si adattava vivendo alla giornata, anche destreggiandosi con i più svariati espedienti, ad uno di illusorio ordine, caratterizzato da violenze e sopraffazioni. E, fra le righe, si avverte l'indignazione per il diverso trattamento al quale sono sottoposti dalle istituzioni i poveri cristi disonesti e quello nei confronti dei prepotenti che si macchiano di pari o maggiori reati. Importante a mio parere, perché spesso sottaciuta, aver anche documentato l'inopinata conclusione positiva per gli squadristi dei fatti di Sarzana del luglio del '21, accadimenti giustamente considerati a livello nazionale come uno dei pochi episodi di resistenza all'ascesa del fascismo nel nostro paese. Ed infine un cenno che riguarda la mia famiglia: la Rò di Giambà che vendeva lupini, castagne e noccioline presso la Cooperativa di Romito era, molto probabilmente Rosa Brizzi, la mia bisnonna materna.
Ho finito di leggere, con grande piacere, la terza fatica letteraria dello storico Alberto Incoronato : "Arbaneto, 'n pogo de bon". Grande appassionato di storia locale, capace di lunghe e approfondite ricerche archivistiche, l'Autore ha qui dimostrato ancora una volta passione, tenacia e quasi accanimento nel rintracciare, per tutto il territorio nazionale e non solo, i tanti piccoli tasselli da riunire per formare il quadro completo e veritiero degli avvenimenti, personali e sociali, che ruotano intorno alla storia di Arbaneto. Già nelle sue opere precedenti ' Dietro la lapide dei Barbantan" (2020) e "Sull'omicidio in persona di Passalacqua Cesare" ( 2022) Incoronato aveva potuto esprimere le sue doti con grande rigore storico-analitico. Con il suo terzo libro ritengo che l' Autore abbia raggiunto una piena maturità non solo come ricercatore, ma anche come autore letterario. L'opera unisce infatti al rigore delle fonti una piacevolezza della narrazione, che si dipana sfiorando con delicatezza i vari personaggi e le loro tragiche vicissitudini, descritte con stile fluido e avvincente. Attraverso il focus delle disavventure della vita di Arbaneto, sicuramente un 'pogo de bon', come peraltro tanti altri ragazzi di quei tempi, il lettore comprende e ricostruisce i fatti storici, culturali e politici di quei tristi primi decenni del Novecento nella nostra terra di Sarzana. Questo libro infatti contiene una preziosa memoria storica locale, a cui tutti noi possiamo attingere, in particolare i nostri figli e nipoti, per non dimenticare le nostre radici. Quanto sarebbe utile e auspicabile che libri di questo livello entrassero nelle aule scolastiche! Ringrazio infine Alberto Incoronato per la sorpresa che mi ha regalato quando ho incontrato, nelle prime pagine, un probabile zio paterno, omonimo del mio papà, anche lui originario di quei luoghi.
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