CARRELLO
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So dove sei e quando trovarti: estate, caldo, sabbia e mare. Dopo i tavolini del Bagno Marisa, sotto il porticato dietro agli scivoli e le altalene c’è il juke box. Uno dei ragazzi più grandi ci ha infilato la sua moneta e ha fatto scattare due tasti. Lettera e numero.
Una storia che dura il tempo di una canzone ma che accompagna una vita, in un collage di fotogrammi che talvolta si rincorrono, talvolta si accavallano, come le bollicine di una bibita frizzante.
La scrittura di Francesco Cellini ha tutta la freschezza e l’incanto di un ricordo lasciato in un cassetto e liberato d’ufficio dopo anni di amnesie funzionali: se non si smette di rimembrare come eravamo da bambini e da adolescenti, raramente si può accettare ciò che si finisce per diventare da adulti. E allora dobbiamo nascondere, sotto un qualche tappeto, quell’accesso diretto che avevamo verso il flusso della Vita, e tutto ciò che abbiamo sentito in quell’età - l’Amore, la Natura e l’Evoluzione delle cose, persino le Frasi Definitive delle Mamme durante le vacanze- diventano in quest’ottica degli eterni, commoventi “ritorni”, a qualunque decade tocchi vivere. “Bollicine”, opera prima di Cellini, non ama però le maiuscole e gli universali: li lascia trasparire dalle trame di piccole storie che si intrecciano, di piccoli personaggi che per misteriose vie si ritrovano a condividere il quotidiano così come i riti di passaggio, e tutte le prime volte cui si riesce a pensare e di cui si tiene il conto perché sono parte di noi, e noi siamo parte di ogni cosa. “Fresco” fa risaltare ogni biglia giocata in spiaggia, ogni pagina di storia o inglese ripassata per i compiti estivi, ogni emozione preadolescenziale (potente, ormonale e disperata, come solo in quegli anni sanno esserlo), ogni personaggio su una scena che vede tutti comprimari, anche i protagonisti, in un’alchimia che forse non sarà mai chiara a nessuno di loro, perché dopo… si dimentica. Sospeso tra un personalissimo Amarcord, nell’ispirazione più che nell’autobiografismo, e il fil rouge del titolo, apparentemente frivolo, Cellini si accosta inconsapevolmente a un celebre aforisma di Blaise Pascal: “Siamo un microcosmo che può contenere il cosmo e persino l’infinito”. E se per il filosofo francese siamo come anfore che vagano solitarie per l’universo, che occasionalmente si incontrano e scontrano, per Cellini siamo…bollicine, più o meno con lo stesso destino.
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