CARRELLO
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Ernesto Farro è un cronista. Ha l'anima del reporter, non gli manca il coraggio e ha uno stile tutto suo fatto di ruvida autenticità, perspicacia, fiuto, audacia, lealtà e diplomazia, qualità che lo hanno portato in fretta da un piccolo giornale di provincia al più importante quotidiano d'Italia. Da una decina d'anni ormai, ricopre l'incarico di vicedirettore, ma nulla può imprigionare il suo spirito indomabile e, appena fuori dalla redazione, torna a essere il verace giornalista a caccia di notizie. Seguendo Farro scopriamo il suo incredibile esordio alla Gazzetta di Cicoria, seguiamo le tracce di un lupo assassino in una vicenda che sconfina nella favola, arriviamo sulla scena del crimine in una comune di spiritualisti, finiamo tra le spire di un ambiguo strizzacervelli per dimostrare l'innocenza di un ragazzo schivo e riservato. In "Cronache di redazione" le storie sono impregnate di realtà, ma appaiono al limite del fantastico, per effetto all'arte narrativa dell'autore, che sa cogliere le sfumature grottesche nei frammenti di vita per trasferirle sulla pagina e regalarle al lettore, donandogli così un po' del suo candore e invitandolo a non prendersi troppo sul serio.
Un mondo 3D e 4D che ti prende e ti incuriosisce per la persona del narratore, presente dietro il sipario della parola. Si avverte il rifiuto della narrazione lineare in favore di una maggiore libertà negli incastri dei piani narrativi, sebbene sia un rifiuto mai portato all'estremo, tanto da far perdere la presa al lettore, il che rende la lettura una sorta di percorso salterino da una liana all'altra, dentro una colorata giungla della fantasia. Liane a volte anche pericolosamente esili, ma capaci di reggere ondeggianti prese da un filo conduttore all'altro. Il testo su presenta come una sorta di tela di ragno che sicuramente può nascondere una struttura soggiacente destinata a beffarsi del lettore, che resta sempre in guardia se pure affascinato dal racconto nel racconto, nel racconto. Una narratività multiprospettica, dettata da un profondo e tangibile gusto per la creazione del personaggio (con punte di ludica maestria nella scelta dei nomi e quindi delle frequenze parlanti). Un testo che risuona, consuona, deflagra, rallenta e riprende ritmo come un fiume irrequieto. Il piacere di scrivere è ovunque, ammiccante. Il lettore si tira indietro ma poi non può fare a meno di partecipare, trattenuto all'interno dal ritmo imprevedibile della successione dei pensieri; sa di essere un ospite, ma lascia che si attivino i suoi neuroni-specchio, riuscendo così a condividere il cibo presente sul vassoio stracolmo del narrante. Una prova a cui non mancano né cuore, né testa, né slancio. N.C.
Impossibile non amarlo... il libro, sì... e anche l'autore. All'inizio non capivo se mi piaceva o no, ma dopo le prime pagine, l'autore è riuscito a catturarmi con il suo stile ironico. Ogni storia è un'avventura al limite dell'inverosimile, eppure non così distante dalla vita di tutti i giorni. In fin dei conti, non è difficile calarsi nelle vicende, e quello che lascia di stucco, che stupisce e meraviglia è la visione che riesce a comunicare l'autore. Una visione scanzonata, a tratti satirica a tratti ingenua, eppure con un vivido sottofondo di struttura filosofica. Insomma, mi è piaciuto! E se Gandini ne pubblicherà un altro sarò il primo ad acquistarlo. Lo consiglio a chi ama sorridere quando legge, a chi è affascinato dal giornalismo, a chi crede che in fondo in fondo ci sia ancora gente che sa cosa sia la giustizia, a chi è curioso di sapere cosa succede "dietro le quinte". E soprattutto lo consiglio a chi non ha paura di farsi trasportare in un viaggio ai confini della realtà per risvegliarsi la mattina dopo precisamente nel proprio letto.
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