Delitti di provincia

Il romanzo comincia in “medias res”. Via via si chiariscono i fatti presentati all’inizio, arricchendosi di particolari intriganti che suscitano curiosità e aumentano la suspense. Viene anche dato ampio spazio agli stati d’animo e ai pensieri dei personaggi, specialmente a quelli del capitano, che corrispondono alle considerazioni dei lettori e perciò li coinvolgono nelle indagini. Efficaci sono i momenti descrittivi che ritraggono sfumature naturali o dettagli di luoghi. È un romanzo che si legge con piacere.

DELITTI DI PROVINCIA I due efferati delitti, maturati e commessi in città tra loro distanti centinaia di chilometri, ruotano intorno alla figura dell’aitante capitano dei carabinieri Mauro Gherardi e dei suoi più stretti collaboratori. Il distinto ufficiale, tenace, determinato e single è severamente insidiato dalla bellissima Piera che non gli dà tregua, stravede per lui ed è, nel complesso, un tantino invadente. Ma, comunque, non sarà questa donna la vera complicazione della sua vita. Complicati saranno invece gli approcci al primo dei due casi, al quale sacrificherà una licenza e diverse giornate di lavoro sotterraneo, rimediando qualche grana che, a dire il vero, è andato a cercarsi da solo, visto che la polizia aveva già chiuso le indagini e il questore era propenso all’archiviazione. Con un briciolo di fortuna e un po’ di intuizione, Gherardi, affidandosi anche al fiuto dei suoi coadiutori, individuerà il vero movente, scoprendo una verità parallela e insospettabile che inchioderà i colpevoli alle loro responsabilità, a dispetto del buonismo sbandierato dal partito dei catto-innocentisti a oltranza. Il secondo misfatto si consuma in terra di Calabria, tra gli uliveti delle campagne di Reggio. Il capitano, inviato laggiù solo per qualche giorno e con semplici mansioni di accompagnamento, viene coinvolto accidentalmente in un altro crimine. Malgrado la Piera lo aspetti e il biglietto del viaggio di ritorno attenda solo l’obliterazione, le indagini sull’omicidio trattengono il Gherardi nel teatro del delitto, in un casolare tra gli ulivi. È subito chiaro che non sarà facile venire a capo di quell’uccisione, ci vorrà del tempo per trovare la pista giusta e individuare gli assassini, tanto più che mancano i testimoni e, come sempre, da quelle parti tutti sanno tutto ma nessuno vede niente. Purtroppo, anche in questo caso manca un vero movente, ci si può appigliare solo a qualche vago indizio e a un debolissimo sospetto a carico della delinquenza organizzata, senza dimenticare che quella è terra di ’ndrine dove bisogna agire con prudenza. Il consiglio non gli viene dalla mafia ma dai suoi stessi collaboratori, il che è tutto dire. Insomma, di tornare a casa, per il momento, non se ne parla neppure. Se il primo caso gli era costato una licenza, con questo teme di giocarsi Piera, bellissima, comprensiva ma per niente scema. Al contrario, piuttosto impaziente visto che l’amato doveva restare in Calabria solo pochi giorni e invece manca da casa da quasi un mese. Fortunatamente, in modo del tutto anomalo e imprevedibile l’affaire si risolve, ma non posso dire come. Aggiungo solo che, quando finalmente il capitano torna, troverà la casa rivoltata come un calzino da una Piera in vena di grandi cambiamenti e, come se non bastasse, dalla medesima improvvisata arredatrice riceverà una di quelle sorprese che non si dimenticano. Al di là delle naturali differenze ambientali e di costume, entrambi i crimini si consumano sullo sfondo di uno scenario comune, dove si muovono personaggi sfiduciati, a loro modo indifferenti fino alla rassegnazione e solo apparentemente incapaci di concepire e attuare scelleratezze al pari dei delitti di provincia.