CARRELLO
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Storia e inchiesta demografica sulla febbre spagnola in Italia
di Marco Monte (Autore)
L'influenza Spagnola sorprese il mondo intero allorché si stava profilando la fine della Grande Guerra. In un decimo del tempo che era occorso agli uomini per uccidere milioni di simili riuscì a consumare un eccidio enormemente superiore. Questo libro rimane ancorato a una dimensione civile ed è diviso in tre parti. La prima è incentrata sulla storia della Spagnola vista dai versanti sanitario, politico e sociale. La seconda tratta delle conseguenze della malattia sulla popolazione di alcune città e di alcuni paesi dell'Italia, sui conflitti intestini tra sanità civile e militare e sul ruolo svolto dallo Stato. Per queste prime due parti le fonti primarie utilizzate sono diversificate: i registri degli Archivi Diocesani e Parrocchiali in particolare, ma non solo, delle regioni che dopo Caporetto sono state occupate dagli eserciti stranieri; le circolari, ovvero un insieme di fonti di servizio attraverso le quali le amministrazioni pubbliche svolgevano la propria attività interna; la stampa dell'epoca, i registri ospedalieri, i diari, le memorie e le lettere. Si tratta di testimonianze preziose, tra le quali molte inedite, redatte da alte cariche dello Stato, da medici, religiosi, soldati e anche gente comune. Dallo spoglio di queste fonti sono emersi l'impatto che questa malattia ha avuto sulla popolazione, la sua localizzazione geografica, quali furono i centri abitati più martoriati e quali appena sfiorati e il tragitto compiuto dai luoghi dove inizialmente si manifestò fino a quelli dove approdò successivamente, inoltre i provvedimenti profilattici adottati dal governo, l'onnipresente scure censoria e le inevitabili ricadute sulla popolazione, tutto questo all'interno di una società che disponeva unicamente di accorgimenti arginativi non terapeutici. Naturalmente la letteratura sull'argomento ha rivestito una parte non indifferente nell'economia di queste prime parti del testo. La terza parte consiste in un'inchiesta statistico-demografica allargata all'intera Penisola; oggetto di questa sono una cinquantina di località densamente abitate dislocate territorialmente al Nord, al Centro e al Sud. Per questa inchiesta l'unica fonte consultata è lo Stato Civile, per la precisione i registri dei morti: nessun indicatore, infatti, come la fluttuazione nel breve e nel lungo periodo della mortalità può darci la corretta dimensione di un evento catastrofico dalle caratteristiche letali. È stato indagato il corredo informativo di decine di migliaia di defunti (deceduti per tutte le cause in quanto lo Stato Civile non contempla il motivo dei decessi). Ciò che è risultato si confronta con la letteratura esistente sull'argomento, la quale ci indica che la mortalità da Spagnola fluttuava in base all'età dei colpiti e raggiungeva il punto più alto in un distinto periodo della vita, quello che andava dai 18 ai 30 anni, con le femmine che rappresentavano il bersaglio mirato, e non dà invece certezze sui tassi di mortalità e di letalità. I risultati di questa inchiesta correggono e completano queste conclusioni offrendoci delle indicazioni precise su molti aspetti non chiariti: i tassi di mortalità e di letalità vengono definiti con una significativa precisione, così come l'età media alla morte dei maschi e delle femmine; viene fatta luce sulla differente mortalità di genere e sul numero dei defunti in periodo epidemico in confronto numerico con quello dei periodi a regime ordinario di mortalità. Si apprende che dalle complicanze più severe della malattia erano risparmiate le classi estreme della vita, neonati ed anziani, da sempre le più colpite dai ricorrenti morbi contagiosi, e viene allargato il ventaglio delle età più bersagliate, che va a coprire il periodo dalla fine dello svezzamento fino a quasi i 50 anni. Inoltre viene superato il concetto differenziale della mortalità di genere in favore delle femmine e smussata la convinzione che dava alla Spagnola la parvenza di morbo democratico. Dal versante delle relazioni interpersonali la malattia non ha solo esautorato i concetti cristiani di compassione e solidarietà nei confronti del prossimo confinandoli al ristretto nucleo familiare ma in non pochi frangenti ha scardinato anche questo intimo e ultimo sostegno, aggiungendo a carico del contagiato oltre all'abbandono terapeutico e religioso anche quello familiare. Tutto questo era dovuto al formidabile terrore che incuteva una malattia dotata di una forte contagiosità e di un alto tasso di letalità e, caratteristica ormai comprensibile ai più, del tutto svincolata da qualsiasi cognizione scientifica. Non fu quindi l'ars medica a decidere la fine di questo morbo ma come per tutti i malanni contagiosi che si sono affacciati al mondo fino a quel momento è stato l'esaurirsi dei soggetti ricettivi all'agente patogeno a decretarne la scomparsa.
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