CARRELLO
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di Calogero Bontempo (Autore)
Hannah Arendt (1906-1975) viene considerata come la più autorevole "teorica della politica" del Novecento ed è anche una delle figure intellettuali più significative e complesse della cultura del ventesimo secolo, di cui ha attraversato gli eventi più importanti e drammatici sempre sorretta da una coscienza acuta e vigile.
Il pensiero centrale della Arendt è quello che oggi la politica sia ciò che va soprattutto e particolarmente discusso.
In concreto, si tratta delle “esperienze politiche fondamentali della nostra epoca”, il totalitarismo, la bomba atomica, il terrorismo, la pandemia, i cambiamenti climatici, i fenomeni di politica sia interna che estera dell’era contemporanea: una situazione, per la Arendt, "in cui non siamo, o non siamo ancora, in grado di muoverci politicamente".
Quando parliamo di politica, afferma, "parliamo sempre di pregiudizi che noi tutti, se non siamo politici di professione, nutriamo nei confronti della politica".
Volendo indicare tre termini chiave con cui riassumere il suo pensiero, si potrebbero adoperare i seguenti: intelligenza critica, ricerca socratica e coraggio per la verità.
È su questi tratti essenziali che ritengo opportuno iniziare il mio discorso sulla riscoperta della politica sia in Vita activa sia nell’altra sua grande opera, Le origini del totalitarismo; nel terzo capitolo mi soffermerò sul discusso e polemico libro La banalità del male; nel quarto capitolo sottoporrò alla mia analisi gli altri importanti testi arendtiani Sulla rivoluzione, Sulla disobbedienza civile, e altri saggi e, in conclusione, nell’ultimo capitolo analizzerò la natura artificiale della vita politica e sulla qualità “spaziale” della vita pubblica.
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