CARRELLO
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Il nazismo, qualsiasi forma di nazismo, fisico o torturante le libertà "diverse", non può scalfire un animo, solo "indolenzirlo" perché si ripristini fiero di aver patito un'ingiustizia abominevole, e dunque più consapevole della vita tutta...
Clint e la sua congrega di fratelli di sangue si trovano a Berlino, mecca di divisioni ataviche e segnata dalla tragedia sciovinista d'Hitler, il folle mostro che arse gli ebrei nel suo crematorio forno d'ideologia immonda. Una ragazza è scomparsa, rapita da invasori della sua purezza inalienabile. Clint, assieme ai prodi uomini, suoi fedelissimi, giura vendetta sacra contro gli assalitori e s'inoltra nelle notti sanguigne del viscerale dramma. Fuggitivo egli stesso, inseguitore dei sogni veri e sprigionanti potenza bruciante di giustizia, correrà al buio per stanare i criminali. Implorando una pietà religiosamente avvinghiata alla sua sete affamata di straziante desiderio di totale liberazione dalle ibernanti pazzie del mondo oscenamente perverso. Un viaggio cupo, "pestilenziale", immerso nelle lune lugubri dell'ascendente voglia di restaurante salvezza.
Quello che rende particolari i libri di Stefano Falotico è un linguaggio particolare ed intrigante, ma anche il fatto che lo scrittore pur non lasciando nulla al caso, riesce a stuzzicare la fantasia del lettore lasciando sempre un qualcosa fra le righe. Clint e la sua combriccola,eroi d'altri tempi alla ricerca di giustizia in una Berlino segnata dalla follia di un piccolo uomo inutile e immondo che ha reso tragedia la vita di coloro che lui riteneva inutili,in un confuso tempo odierno,lo scrittore sembra lasciare al lettore la collocazione temporale, appunto per stuzzicare la sua fantasia. Quello che è inconfondibile è la folle rabbia e ricerca di giustizia del protagonista,che si lancia alla ricerca di criminali in una lugubre Berlino, con una immensa, la rabbia di coloro che ritenuti diversi perchè contro corrente. Un romanzo che appassiona ed incuriosisce poichè non è solo la trama del romanzo,è voglia di rivalsa di tutto ciò che viene mitilato da coloro che limitano la libertà altrui. Lo cinsiglio a chi oltre alla storia del romanzo vuol leggere un secondo libro tra le righe dello stesso romanzo
E’ passato un po’ di tempo da quando ho recensito un fantasy, ed ora rieccomi con Il cavaliere di Berlino. Premetto che è stata una lettura veloce ma con alcune difficoltà dovute alla sintassi barocca del romanzo, non nego di aver dovuto rileggere più volte un capitolo. E’ un romanzo non adatto a chiunque. Mi spiego meglio: è adatto a coloro che sanno leggere tra le righe ed in questo caso fra parentesi. Il ritmo è incalzante, rabbioso ma addolcito da una metrica aggraziata, quasi fosse una filastrocca. Trama: Il nazismo, qualsiasi forma di nazismo, fisico o torturante le libertà “diverse”, non può scalfire un animo, solo “indolenzirlo” perché si ripristini fiero di aver patito un’ingiustizia abominevole, e dunque più consapevole della vita tutta… Clint e la sua congrega di fratelli di sangue si trovano a Berlino, mecca di divisioni ataviche e segnata dalla tragedia sciovinista d’Hitler, il folle mostro che arse gli ebrei nel suo crematorio forno d’ideologia immonda. Una ragazza è scomparsa, rapita da invasori della sua purezza inalienabile. Clint, assieme ai prodi uomini, suoi fedelissimi, giura vendetta sacra contro gli assalitori e s’inoltra nelle notti sanguigne del viscerale dramma. Fuggitivo egli stesso, inseguitore dei sogni veri e sprigionanti potenza bruciante di giustizia, correrà al buio per stanare i criminali. Implorando una pietà religiosamente avvinghiata alla sua sete affamata di straziante desiderio di totale liberazione dalle ibernanti pazzie del mondo oscenamente perverso. Un viaggio cupo, “pestilenziale”, immerso nelle lune lugubri dell’ascendente voglia di restaurante salvezza. Clint e la sua congrega di fratelli di sangue si trovano a Berlino, città segnata dalla tragedia perpetrata da Hitler. Una ragazza è scomparsa, rapita da invasori e Clint, assieme ai suoi uomini, suoi fedelissimi, giura vendetta . Fuggitivo lui stesso, inseguitore di giustizia, e affamato di desiderio di libertà , correrà nelle notti per stanare i criminaliIl romanzo unisce due periodi distanti fra loro, sia linguisticamente sia storicamente. Parliamo di barocco nella sintassi ma di Seconda guerra mondiale come contesto storico-culturale. L’autore è riuscito con la sua scrittura ad unire dei visionari mistici, credenti in un ideale, la giustizia o meglio la giustezza delle loro cause, che sembra non trovare modo di esistere in un periodo dominato dal nazismo, razzismo, diffidenza e chiusura mentale. Una diffidenza, un’impossibilità che ben si presta al nostro presente. “Il nazismo, qualsiasi forma di nazismo, fisico o torturante le libertà “diverse”, non può scalfire un animo, solo “indolenzirlo” perché si ripristini fiero di aver patito un’ingiustizia abominevole, e dunque più consapevole della vita tutta…” Clint e la sua congrega sembrano così distanti da noi. Si passa dal sogno alla realtà in meno di un nano secondo che la sottile differenza fra ciò che è e ciò che non è non si riesce più a percepire, tanto che il dubbio inizia ad essere martellante: E’ questa, o quella la realtà? Cosa rende giusta un’azione, una persona? E cosa non la rende giusta? ” La maggioranza di coloro ritenuti pazzi sono in verità i più saggi,i messianici portatori di letizia e armonia giustamente inquieta,perchè i pazzi sono i più creativi, i più suggestionabili ma anche i più suggestivi,i trasmettitori della pura essenza non inquinata dalla corruzione.” Alla fine del libro, ancora non è chiaro il criterio secondo cui noi definiamo qualcosa come giusto; ma da ciò che ho letto ho provato a darne una mia interpretazione. Siamo noi, diversi dagli altri a rendere giusto o non giusto ciò che siamo e come agiamo. Posso definirla una sorta di “sindrome dello specchio”, risultato di una distorsione cognitiva. Riflettiamo ciò che sentiamo e pensiamo che sia “buono”, cercando di far integrare la giustizia in un mondo di odio e malefatte. Se consiglio questo libro? Assolutamente sì, ma leggetelo con tranquillità con un buon tè e nel silenzio, perché vi assicuro che vi troverete in piena notte -magari- a dubitare di ogni piccola cosa. Forse non per la scrittura che è scorrevole e ad interpretazione, ma è per questo suo creare dubbi, portare ad interrogarsi che lo consiglio a quelle anime che già da sé si chiedono il perché di molte cose. Vi lascio con questo piccolo frammento: “Inseguo sempre più una vita orientata a Oriente, laddove il Sole brillante risplende nelle mattine foriere di pace esistenziale, forse è resilienza condannata a una solitudine ammaliatrice del malessere mio che cresce imponderabile e appunto ascendente, ma sono io, così in questo stato (non) evolutivo che preferisce con forza perenne e insistente i sensi riappacificati, senza nessuno che interferisca con le mie bizzarre scelte di vi(t)a, che non sindachi sul mio essere-non essere”. Recensione a cura di Rosanna Sanseverino http://soleeluna.altervista.org/recensione-cavaliere-berlino-stefano-falotico/
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