CARRELLO
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Lascio queste righe e questo libro con la certezza della sua inutilità; perchè nell'uomo come nella storia non vi è nessuna gloria. Alla fine, un uomo che non conosce la vera sofferenza, a malapena esiste; non importa il ruolo che abbia coperto nella propria società o i gradini sociali sui quali abbia camminato: dove si nasce e come si vive è soltanto una questione di fortuna o sfortuna. Questa è la più spregevole delle verità che lo vogliate o no, potete apporre o controvertire come volete e quanto volete; la verità prescinde da tutte le stupide acrobazie mentali dell'uomo. Non mi parlate di cultura per favore; non parlate di nulla. Se per cultura (la vostra), si intende la conoscenza semantica del mondo fuori di noi; allora è una forma di controcultura dedita al sensismo. Non riconosco un cazzo, gli ermeti, la dianoiologia, l'ermeneutica sono l'ennesimo sotterfugio all'idiozia del non comprensibile. La realtà è che quello che qualcuno chiama bene per se è sempre un male per qualcun altro e non se ne esce fuori. La logica di fronte all'idiozia umana si dimette china e a pecorina perché il culo è l'unico posto dove possono entrare tutte le vostre insensatezze schifosamente umane. "Questo "bene" a volte è solo il modo in cui si fa chiamare chi è più forte".
Ormai ho attraversato la ragione una nuova forma di lingua insipida, tenera a volte; ma salvifica per la follia. Comincio a scrivere versetti e prospetti, per chiedere in prestito gocce di sudore; o per rubare crepe di cielo all'orizzonte. Disegno risate per lo scherzo della vita, utilizzando colori esposti; e per le cose che non volevo sapere da un pennello. Ho attraversato la tristezza nel cromo, le infinite mescolazioni delle varianti; ma è solo dal vuoto e dai miei occhi: che ho compreso bene e partorito il quadro più insignificante: me!
Il crepuscolo degli idioti non vi vedo brillare solo lampade fioche solitarie, anime cupe e spente nelle chiese, un po di luce che lotta nel suo buio; una fiamma calda contro la pietra fredda. Il museo della passione e delle anime defunte, un umana muffa stantia che vive di aria antica, il respiro affannato di una generazione morta; la cacofonica della morte che canta cori muti. Mormora soliloqui di preghiere e abdicazione, echi rimbalzanti nei soffitti e nelle sacre volte; esiste: la pietosa tristezza alla fine delle cose. Lo spirito trasmigra il suo nulla in altro nulla, fuori dalle chiese, nelle case dentro le parole. Questa è la nostra nuova parrocchia umana, ama; stupidamente l'amore col il quale vive; cura con adorazione ed ugual fervore: per poi piangere allo sfarfallio delle candele. Troppi idioti brindano e parlano ancora, quasi fossero esseri divini; o luminosi.
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