CARRELLO
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di Antonio Borromeo (Autore)
«Se non mi chiedono cosa sia il tempo lo so, ma se me lo chiedono non lo so». Questa massima di Sant'Agostino racchiude forse il senso più profondo del romanzo.
"Il gatto di Kyriake" pone infatti il lettore di fronte a interrogativi e inquietudini molto comuni: è possibile fermare il tempo? Dominarlo, piegarlo ai nostri desideri, fargli cambiare velocità? Da qui nascono a loro volta altre domande, sull'esistenza di una vita dopo la morte, di un Dio creatore e su ciò che per comodità mettiamo sotto l'etichetta "religione".
Il dono che Antonio, un quarantenne senza troppi grilli per la testa, riceve da una sconosciuta, è appunto quello del tempo: verrà trasportato dalla Terra (che scoprirà non avere la forma con cui siamo soliti conoscerla e rappresentarla) al pianeta Kundal, dove due giorni terresti corrispondono a centocinquant'anni e le persone vivono, restando esteriormente giovani e mutando soltanto il colore dei capelli. Tutto diventa quindi relativo, e concetti come "vita" e "morte", "aldilà" e "Dio" si fanno più sfumati, di difficile definizione. La morte non esiste, per chi è stato in grado di crearsi un'anima, ma è come un passaggio a un livello superiore – Kundal appunto.
Con queste premesse, il vero regalo diventa per Antonio, più che il tempo fine a se stesso, la possibilità di una nuova esistenza al fianco della donna della sua vita, strappatagli via troppo presto, sulla Terra, da un male incurabile. E quando per i due arriverà il momento di una nuova, dolorosa separazione, ecco che il tempo si fa di nuovo relativo: sarà un addio? Ci sarà ancora un'altra vita, un'altra possibilità, un'altra dimensione da esplorare?
Al ritorno sulla Terra i centocinquant'anni vissuti su Kundal sembreranno appena un soffio, forse un sogno, ma lo avranno cambiato per sempre. Ammesso che dire "per sempre" abbia un senso.
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