CARRELLO
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di Andrea Grassi (Autore)
Un grido di dolore. Un sussulto del territorio che diventa sogno e, come tutti i sogni, intreccia ricordi e desideri, in un disperato richiamo a ciò che fu nell'infanzia e nostalgia di quei luoghi e quella vita: gli orti, il grano, le castagne da raccogliere e i prati da falciare, le mucche da governare, i semi, le uova e i ventri che si schiudono a nuova vita da seguire. C'era stata la costruzione del ponte, teso a estendere il benessere del XX secolo fino all'alta Garfagnana, terra aggrappata alle glorie medievali. L'imprevedibile effetto fu l'abbandono della terra per inseguire il miraggio di una vita meno tormentata. Astolfo e Rossana, tuffatisi, come tanti in paese, negli affari, si erano visti costretti ad affidare il figlioletto Flavio alle cure dei nonni Rosa e Pericle, contadini illuminati, che lo accolsero come un ritrovato figlio, pronti a trasmettergli tutto il loro sapere, di vita e di natura, nel solco intuitivo della dottrina roussoiana che propugna l'affidamento ad essa quale forza pacificatrice dello spirito. Così Flavio, come un novello Emilio, ne assorbì l'insegnamento fino a sentire la preservazione della natura attraverso l'agire quale sua unica ragione di vita, nella prospettiva per cui esistere è sentire ancor più che pensare, e il cuore vale più della ragione. Una volta adulto raccoglierà quel grido di dolore facendosene interprete con caparbietà tale da portarlo allo scontro col padre. È la ribellione corale della valle: c'è l'acqua che, liberatasi dall'imprigionamento, ritornerà nell'antico solco col suo vorticare spaventoso; le forze della natura che si fanno racconto come la storia della monta taurina che Flavio riferisce a Lucia, la fidanzata; impressionandola al punto da entrare in un turbine di solidarietà di genere e insieme di eccitazione erotica, il desiderio di maternità e il dolore per i figli che s'allontanano; c'è la paura del litofagos, misterioso morbo capace di sovvertire il ponte e la vita dei paesani condannandoli all'isolamento, tanto da far vacillare in Astolfo la fede negli affari.
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