CARRELLO
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Questo saggio pavesiano di Giorgina Busca Gernetti persegue la carriera esistenziale e poetica dello scrittore torinese come un consapevole itinerarium ad nihilum, sin dai suoi primi passi nella produzione poetica e narrativa. Il rinvio dei testi agli eventi autobiografici, il fitto gioco di interrelazioni tra i due piani illuminano dall'interno la genesi di tanta sua poesia permeata di un incombente senso di morte. Il costante riferimento ai testi rende persuasivo e documentato il discorso su Cesare Pavese.
Accolto dal centro “Pannunzio” nel XXXIX volume degli Annali per l’anno accademico 2008/09, il lavoro della Busca Gernetti è un omaggio affettuoso alla memoria dello scrittore delle Langhe nel centenario della nascita. Il titolo, "Itinerario verso il 27 agosto 1950", è indicativo di un’esperienza di vita tragica, che la Busca Gernetti, scrittrice anche lei, ed irresistibilmente aperta – lei pure - ad un’autoanalisi interiore continua e logorante, ripercorre attraverso l’esame, veloce ma esaustivo nella sua essenzialità, delle opere, con giusto spazio alla corrispondenza che il Pavese intrattenne con amici ed amiche, i cui tracciati esistenziali sembrarono fatti – per così dire - su misura per approfondire piuttosto che sanare la depressione cronica, il vizio assurdo dell’infelice autore de "La luna e i falò". A voler individuare una radice storico-sociale di tal genere di malessere, sarebbe fin troppo facile scaricarne la responsabilità sulla stagione del Fascismo, indipendentemente dal rapporto – non conflittuale - che lo scrittore tenne col regime. Credo invece – ed è quanto mi sembra emerga dallo studio della Busca Gernetti – che la genesi dell’inettitudine, del disadattamento psicologico del Pavese abbia delle connotazioni leopardiane. Siamo cioè di fronte a una dissociazione cosmica, peggiorata da incomprensioni umane, da umani tradimenti. E’ stato, insomma - quello del Pavese – il destino di quanti anteposero (ed antepongono) al vivere il pirandelliano “sentirsi vivere”. Ed è significativa la confessione, che leggiamo in "Il mestiere di vivere": “Ho imparato a scrivere, non a vivere”. L’opuscolo della Gernetti, corredato di ampie note esplicative, recante in chiusura la bibliografia completa delle opere di Cesare Pavese, esibisce l’impianto argomentativo e il lessico settoriale della critica letteraria, ben strutturato in una intelaiatura sintattica rigorosamente corretta, significante e fruibile. Un bel lavoro, in definitiva, che può segnare un approfondimento dell’interesse per lo scrittore piemontese di Santo Stefano Belbo, tragicamente scomparso il 27 agosto del 1950.
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