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L'anima e il lago di Giorgina Busca Gernetti pubblicato il 2012
GIORGIO BARBERI SQUAROTTI - LETTERA ALL’AUTRICE Torino, 18 gennaio 2011 Cara e gentile Signora, Le sono vivamente grato dell’invio della Sua raccolta di versi che ha un titolo fascinoso e offre una mirabile e incantata rappresentazione laghista, degna di essere messa a confronto degnissimo di migliori laghisti inglesi. "Tra le canne", "Non odo più", "Tramonto sul lago in inverno" sono, fra tutti, i testi indimenticabili. […] Giorgio Bárberi Squarotti
Nell’apparente passività di un “lago” lombardo, l’evocazione di Giorgina Busca Gernetti riscopre una tragica memoria consumata d’improvviso (e imprevista) in un tempo di guerra: il giovane padre della poetessa in un’azione aerea perde la vita; lei ancora non – nata, ma poi coinvolta in un assoluto dolore, che la sua “anima” rende attivo e minaccia una spontanea e traumatica continuità! La sintesi del disegno permette di pensare a un’interrogazione da cui è difficile distogliere sia la pena, sia la solitudine che riavviano l’amara visione, il lacerato e multiplo codice dell’affetto trafitto, e la stessa architettura del fato imposto alle persone che il padre ha lasciato davanti alla sua scomparsa. Così, Giorgina Busca Gernetti ricompone la persistenza acre che attraversa e accerchia la sua psiche e la dignitosa disperazione. Ed ecco, nel secco silenzio del ricordo e di un’atroce pre – neonatalità, tutti i momenti e i movimenti anche mentali della sua passione indimenticabile. Nei versi di un poemetto (in tredici lasse intitolate) conferisce l’immagine molteplice dello sfacelo familiare e ormai adulto quanto mai. L’animazione quindi è rivolta ai modelli poetici ai quali l’Autrice è più votata, in una rievocazione ritualizzante su verso limpido, luci non funeree, ritmi metafisici a segno religioso, insonni e fantasmatici, anziché a cronaca necrologica o a codici prestabiliti, scanditi dall’uso comune. In un “lago grigio, / pallido, livido” // “ ancora un lampo / squarcia violento le nuvole / e s’inabissa / nell’onde tumide” // “si gonfia minaccioso in onde nere / e schiaffeggia le rive” // “scrosci dal cielo nel grigio dell’anima / che s’annulla nel lago” //. E, nel continuum della comunicazione conflittuale, la frequentazione ai riferimenti al lago oscuro, all’anima oppressa, ritrova campi verticali e vibrazioni assidue di poeticità mai fiaccata. La morte è una fissità tutt’altro che utopica, e lo svolgimento segnaletico affianca una soluzione ad assimilazione cristica, dove l’evento è un ben decifrabile “crucifige”, sia per l’uomo – padre che ha ispirato la “ricordanza”, sia per l’anima dolorosa che rinnova la mediazione postuma, e un ridefinirsi angoscioso di quanto è accaduto nel medesimo frangente ibrido e fosco: “ed io non sono più viva / sulla terra feconda”! Così, questi graffi descritti per sensibilità e amore, non si sa quanto abbiano di interiettivo jacoponico, e quanto della filmografia sulla storia contemporanea, abituata a raccontare tutto di quello che rilegge della realtà direttamente, per far spettacolo e rendere vividi gli stessi strappi di esistenza. Qui non ci sono “anni solari” come accade al prolifico nonagenario fiorentino Giovanni Stefano Savino, ma insospettabili, ipertrofici e insistiti tormenti, che fanno a meno della letteratura e delle approssimazioni elegiache quotidiane. E, intanto, dai versi campeggia, a conti fatti, una protesta contro la guerra che, insieme all’urlo del tiranno, distrugge - in infiniti disastri - corpi e risorse di ogni civiltà. La poesia è quindi al centro di ogni temperatura per regolare le turbolenze epocali e le lotte per la pace. E questo è un indubitabile senso per dissuadere da tutti i passati e fino al presente, colti da tentazioni universali che, comunque, non possono insegnare qualsiasi sopportazione per eliminare la vita di ognuno, fissata pertanto da palpitanti cicatrici e scaraventata in qualsiasi suolo o tumido lago . Domenico Cara Giorgina Busca Gernetti: "L’anima e il lago", Edizioni Pomezia- Notizie, 2010.
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