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L'ora dei lupi

L'ora dei lupi

di Luca Campi (Autore)

Sentiamo dire da più parti che "la poesia purtroppo vende poco" e che "molti poeti contemporanei, atrofizzati in piccoli gruppetti autoreferenziali, sono la causa di questo divario fra poesia e lettori". La verità è che la poesia è sempre stata appannaggio di pochi, sicché mai ha costituito un mercato editoriale, salvo i rari casi di alcuni premi Nobel e solo dopo che costoro erano arrivati all'ambizioso traguardo. Negli ultimi anni, fermo restando l'esiguo numero dei lettori, si è moltiplicato il numero degli autori in un crescendo di presunzione e di autoreferenzialità, con la razzia di belle parole a mascherare il vuoto delle ispirazioni ed ogni elementare conoscenza di metrica e prosodia. Queste premesse sono utili per delineare il profilo del poeta Luca Campi, eccezione alla regola ed eccezionale nella qualità del suo verseggiare moderno, spregiudicato, evocativo e ricco di suggestioni di vita e di viaggio. Un poeta strano e interessante, dall'occhio lungo e sguardo sornione, ricco di un bagaglio linguistico ed emotivo davvero inusitato nel panorama della poesia contemporanea.

Informazioni editoriali

Data di uscita
2018
Editore
Youcanprint
Pagine
176
ISBN
ISBN
9788827800447

Recensioni clienti

5 su 5 stelle sulla base di 1 Recensioni
Da Iaga Dell'Orto il 22 mar 2021
Pubblicazione cartacea

Questo corposo libro di Luca Campi, lombardo d’origine ma siciliano di adozione, ci intriga già quando si cominciano a scorrere le pagine della prima di quattro sillogi di cui è composto: “di maghi e di farfalle”. Aleggia una levità straordinaria fra i versi, un senso di disillusione ma anche di trattenuta speranza. Il lupo è colui che pensa con la propria testa, che non si fa omologare e non ha dimenticato che cosa sia la libertà. Poi ci addentriamo in quello che l’autore chiama “di un altro mondo 2.0”. È il controcanto della donna e dell’amore. Un controcanto crudo e disilluso, scevro da ogni romanticismo, intriso di una sottile ironia e accompagnato quasi sempre da un amaro sorriso. Finita questa sosta corale di donne e di amori (Tu sola sai / di viaggi nascosti a ruote spente / nell’ora infedele dei vespri e delle merende) si corre verso la terza parte di questa articolata composizione: “Lettere dallo scoglio”. Lo scoglio è Ortigia, nucleo storico della Città di Siracusa. Il trasferimento a Siracusa, terra di sole e di sale, dopo quasi trent’anni di nebbiose atmosfere nordiche, risveglia in lui il senso di una nuova appartenenza. La solarità di questa terra, le antiche pietre lisce “dove poggiano secoli di esausti fantasmi”, le “accidiose nuvole di scogliera”, “il cigno nero tra i legni spezzati / nel greto del fiume”, “un’acre nuvola di fumaioli” e tante altre immagini inusitate e inconsuete, descrivono qua e là Siracusa e la Sicilia, in modo indiretto, secondo le sensazioni che procurano al poeta. Non c’è mai un riferimento esplicito alla nostra città ma luoghi e personaggi la individuano nel campo delle emozioni, come accade per via Alagona, per il grande campione siracusano di immersione subacquea, Enzo Maiorca, l’ultimo eroe greco, per quell’auspicio della Bellezza che è entrato nella visione politica e culturale dell’Isola di Sicilia. La quarta parte di questa raccolta si intitola “dei giochi” (frammenti e altri segni). Si tratta di brevi componimenti, flash, giochi di parole e di struttura, illuminazioni e arditezze linguistiche . . . il poeta si diverte. È una poesia cruda e sintetica come crudo e sintetico è il pensiero che la sottende. C’è poi una inusitata compiacenza nell’uso di un’aggettivazione davvero originale (più sostantivata che qualificativa) “disordinate, indisciplinate stelle”, “un sole tiepido e insolente”, “accidiose nuvole di scogliera”, “l’inganno inconfessabile” e tante altre. È come se si volesse sorprendere il lettore, togliergli le usuali certezze esistenziali, persino le congruenze linguistiche, per trasportarlo nella dimensione della riflessione amara e dell’ironia velata. Abbiamo conosciuto un poeta strano e interessante, dall’occhio lungo e dallo sguardo sornione e, soprattutto, ricco di un bagaglio linguistico ed emotivo davvero inusitato nel panorama della poesia contemporanea.

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