CARRELLO
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Tra realtà e finzione, l’autrice ripercorre le tappe più significative del suo peregrinare circolare. Né memorie, né autobiografia, i sedici racconti narrano spesso situazioni surreali ed estreme.
Tra le righe circolano messaggi condivisi che trasformano i luoghi in care persone.
Nascosti tra le pieghe della narrazione, vi sono donne e uomini legati alla storia, alla letteratura, accostati alla concretezza e alla sorpresa del vivere quotidiano attuale.
Passato e presente si intrecciano con stile a volte poetico.
I luoghi sono i veri protagonisti dei racconti a cui la scrittrice si rivolge e che spesso parlano in prima persona con voce nostalgica o con tono fermo, sicuro, rivendicativo.
Si percepisce, perciò, una volontà d’agire in cui l’azione è l’epilogo alla sfida della vita.
ho letto il libro, l'ho trovato elegante nella scrittura, nostalgico a tratti e con una spiccata tenerezza di descrizione delle persone e dei luoghi. una memoria di tempi passati, antiche amicizie e nuove si intrecciano in questi racconti, lasciando al lettore la sensazione di aver percorso l'intera vita della scrittrice.
“Luoghi:care persone” non è tanto la ricerca di un tempo perduto, quanto l’esplorazione di luoghi che sono certamente e innanzi tutto luoghi dell’anima. E la ricerca è un viaggio tutto intimo, di decifrazione dei messaggi della vita, quasi lettura di note in pezzetti di spartiti che svolazzano, portati dal vento. E’ inseguire Ilario e quanto lui riesce a fare con la fotografia: fare “ emergere i pensieri latenti, saper iniettare l’essenza del presente e del futuro, come se il tempo fosse un’unità, un’unica presenza”. O forse è contemplare la stanza misteriosa - di cui si è persa la chiave - che ci permette l’immaginazione, le congetture, il senso dello scrivere. Il linguaggio di Barbara Avanzini è genuinamente poliglotta, senza virgolette e riesce a mantenersi sublime, anche quando parla dialetto o condivide il punto di vista di una gatta. Il suo occhio accarezza luoghi e persone, ma non si abbandona mai alla nostalgia, alla ricostruzione; sa essere tenero e delicato, mantenendo tuttavia una luce vigile e intuitiva, che talvolta arriva ad assomigliare al penetrante, asciutto sguardo di Becket. Se un’immagine riesce a cogliere l’intimo, coinvolgente percorso del libro, in un abbraccio circolare, è proprio quella dell’orto di Basilicanova, non a caso, nell’ultimo racconto. L’orto dell’infanzia, narrato come locus amoenus in linguaggio semplice e schietto, come il pruno e l’albicocco - che è gioco, tana, condivisione ma anche contemplazione e laborioso silenzio. Questo cerchio magico, principio e fine, contiene domanda e risposta. Come recuperare il senso profondo della vita, racchiuso in questo luogo-persona, oggi? Inseguendo la farfalla, che vola di momento in momento, senza avere la pretesa di possederla. Coltivare la bellezza. Esistere. Un libro per chi ha voglia di tuffarsi dentro e cogliere l’attimo
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