Morire di more

Morire di more è un libro che si legge ridendo e poi, all'improvviso, fa male. È una raccolta di poesie-non-poesie, storie sgangherate, monologhi sentimentali e favole al contrario, scritte da chi ha amato troppo, sbagliato spesso, e continua a provarci con ostinata meraviglia. Filippo Carpenedo torna con una voce ancora più viva, ironica e spietata, capace di passare dal delirio comico al precipizio emotivo in una manciata di versi. Qui non c'è morale, non c'è lieto fine, non c'è crescita personale da manuale: c'è solo la vita, quella vera. Quella che inciampa, che dimentica, che ride nel momento sbagliato e si innamora delle persone sbagliate con convinzione enciclopedica. Il titolo è già un manifesto: morire di more significa insistere nel raccogliere ciò che sembra maturo ma non lo è, infilare le mani nei rovi anche sapendo che ci si graffierà. Significa tentare, sempre, anche quando non serve. Soprattutto quando non serve. E se la poesia non salva la vita, può almeno raccontarla con uno stile inconfondibile. Morire di more è un libro da leggere tutto d'un fiato o a piccoli sorsi. È il compagno perfetto per chi si è sentito fuori posto almeno una volta, per chi ride troppo forte, ama troppo in fretta e sbaglia sempre con una certa eleganza. Non è un libro per chi cerca risposte. È un libro per chi ha ancora il coraggio di farsi domande.