CARRELLO
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In un piccolo paese del Polesine, in un periodo dove la fame e la miseria convivevano con la disperazione di migliaia di persone alla ricerca del pane di giornata, si compie il dramma di una famiglia divisa tra il paese di appartenenza e quello d’adozione: l’Argentina. Una saga famigliare ricostruita, nell’arco di settant’anni, attraverso lettere originali ed episodi di personaggi che si rincorrono senza mai trovarsi, che sopravvivono ai lutti della guerra, alle umiliazioni e alle trappole crudeli che scattano come tagliole nel bosco. Una figlia che ricerca un padre, un padre che involontariamente è invischiato nelle vicissitudini degli anni settanta in Argentina. La loro storia si accavalla ad altre storie non meno importanti e stupefacenti. Una disperata ricerca che scruta i personaggi del romanzo nel loro intimo e li mette in luce come tasselli di un mosaico destinato a consolidarsi nel tempo come la memoria dei protagonisti.
J. Lacan ha suggerito che il Desiderio dell’Altro, in buona parte, altro non sia che il desiderio d’essere desiderato dall’Altro. A tale assunto, Guido Signorini sembra dedicare il suo romanzo Perché il vento si può anche acchiappare, narrando in esso un Amore voluto, cercato e desiderabile proprio perché mancante. Un amore filiale e genitoriale, platonico e carnale, vicino e lontano, capace di autoalimentarsi di generazione in generazione. Un romanzo d’amore dunque? Una saga familiare? La penna fertile di Signorini, sciolta e coltissima, e i molteplici registri linguistici che nel romanzo s’intrecciano, rendono difficile attribuire un’etichetta precisa. Quel che si avverte subito nella lettura, invece, è che il romanzo correrà, si snoderà attraverso buona parte del Novecento, di qua e di là dell’Atlantico per raccontare la vita sentimentale di un’umanità antieroica, gravata dalla miseria, dalla fatica delle relazioni affettive e dalle vicissitudini epocali. Un romanzo che si farà profondo, credibile e malinconico e in cui tutti i protagonisti desiderano un Altro da sé che non troveranno e che rinnoverà un Desiderio frustrante e inappagato. E in questo trova senso, nel titolo del libro, il si può anche, che pure allude al finale aperto della storia. Quel che si cerca si può anche trovare, ma non nell’oggi, forse un domani. Forse nell’arte, ma non nella realtà. Non secondaria e semmai alternativa, emerge la presenza costante in tutta la narrazione della dignità femminile, vera silenziosa ossatura della famiglia, fulcro stesso della sua essenza e del suo riscatto. Malgrado l’impossibilità dell’agire diretto, capace di incidere sul cambiamento sociale, tale delicata dignità è motivo di valore e continuo conforto esistenziale. È forse questo il vero Altro da inseguire o forse il già trovato, seppur inconsapevole, unico e romantico porto d’approdo per lenire il male di vivere? Nel percorso narrativo, Signorini dà grande prova di sé. Il suo è un romanzo coraggioso negli intenti e solido nella struttura. Scrittore colto, poeta della parola e commosso interprete del suo tempo, nell’opera l’autore concentra in sé una densità letteraria che lo allontana dalla circoscritta seppur nobile esperienza locale e lo pone, definitivamente, nel più consono circuito artistico nazionale. Giuseppe Donolato
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