CARRELLO
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Una guerra spietata, combattuta con i metodi più sleali; un'immane catastrofe, che pone fine a un amore appena sbocciato; un incidente che, in scala ridotta, ne appare l'inquietante replica; la riproposizione di uno dei periodi più aberranti di tutto l'Impero romano. Queste sono le fosche vicende, vissute e sofferte dai due protagonisti attraverso salti temporali, il cui collegamento è garantito non solo dalle loro persone, ma soprattutto dai riferimenti a un misterioso manoscritto, che rivela l'esistenza di una tenebrosa potenza malvagia, inesauribile fonte di sciagure per l'umanità.
Il romanzo “Quando ruggisce la notte” è metaforico fin dal suo titolo. La notte, infatti, vale come realtà figurata dell’oscurità, da intendersi sia dal punto di vista materiale, come assenza di luce solare, sia da quello morale, come manifestazione del male. Il ruggito della notte, quindi, ne è simbolicamente l’epifania più brutale, che prende corpo in tutti gli aspetti negativi presenti nel romanzo: la guerra che, già atroce di per se stessa, viene resa più spregevole dall’inganno e dal tradimento; la catastrofe naturale, che distrugge quattro ridenti città e stronca tante vite umane; l’incidente mortale che capita ai due protagonisti e sembra riecheggiare, in scala più ridotta, la precedente calamità; infine, la depravazione e l’aberrazione presenti e trionfanti in uno dei periodi più osceni ed oscuri dell’Impero romano, il principato di Eliogabalo nel III secolo d. C. Quest’ultimo tema richiede un approfondimento. Il giovane imperatore siriaco viene fatto vivere alcuni anni dopo la data storicamente accertata della sua morte, con la motivazione che la vicenda si starebbe svolgendo in uno dei mondi alternativi (o paralleli), in cui si realizzerebbero tutte le possibilità rimaste inespresse allo stato latente sulla Terra: pertanto, la narrazione assume le caratteristiche dell’ucronia. Non solo ucronia, però, ma ucronia distopica, perché la società rappresentata è qualcosa di abominevole e repellente in misura maggiore di quanto lo fosse stata nella realtà durante i quattro anni di regno di Eliogabalo. Il meccanismo narrativo si basa sulla rivelazione progressiva di una potenza tenebrosa, che, pur restando nell’ombra, manifesta la sua ostilità agli uomini. Dalle pagine di un manoscritto, dalle continue e sempre più stringenti coincidenze crittografiche, che sembrano perseguitare i protagonisti e costituire una sfida alla razionalità, a cui essi si aggrappano, emerge la sagoma sinistra di un essere malvagio, che si allarga a poco a poco, fino ad occupare tutta la scena. Se il lettore segue con attenzione il dipanarsi delle vicende, si rende conto che nei primi quattro capitoli c’è un io narrante, il quinto è un semplice dialogo, il sesto e il settimo sono esposti in terza persona, perché il protagonista maschile (= l’ex io narrante) non ha ancora recuperato la memoria della sua identità, ma dall’ottavo al dodicesimo, una volta che l’ha riacquistata, si ritorna alla prima persona. Anche questo particolare, per nulla trascurabile, contribuisce a sottolineare lo sbandamento psicologico, a cui sono sottoposti i protagonisti di questo inquietante ed enigmatico romanzo.
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