CARRELLO
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Un argine ai fiumi di parole e al mare di chiacchiere di tanti talk-show televisivi e di tanti “social” dei nostri giorni ovvero una piccola sfida alla sciatteria espressiva di tanti SMS: “scrivere un racconto di cento parole esatte - non una in più, non una in meno. Una costrizione formale più difficile di quello che sembra: quando le parole sono contate, ogni scelta lungo l'atto della scrittura si trasforma in decisione strategica nell'economia della narrazione. Tuttavia, anziché restringere il nostro campo espressivo, tale esercizio stilistico ne incrementa le potenzialità. Il racconto si libera dal superfluo e dal ridondante, l'emozione si rivela nella sua essenzialità” (da AA.VV. 100 Racconti di 100 parole):così un ricordo, un paesaggio, un episodio, un sentimento possono diventare racconto, anzi…..raccontino.
Racconti brevi, tutti da…..sgranocchiare. Raimondi si svela 100 parole alla volta. Sono semplici storie comuni, ricordi o riflessioni che cominciano con un sospiro e si esauriscono nel lampo di una mezza pagina, lasciando un sorriso, un po’ di incertezza, una piccola emozione. E’ difficile inquadrare il brevissimo testo di Alberto Raimondi, i Raccontini de cento parole, che si è auto pubblicato (ed. Youcanprint, 7 euro) e che presenterà oggi pomeriggio alle 16.30 all’Auditorium dell’Accademia Gaffurio di via Solferino, a Lodi, nel consueto incontro mensile del Salotto Letterario, di cui è il coordinatore. Non è il primo libro di Raimondi che, nonostante la professione di medico pediatra, fa il suo esordio di scrittore con Tempo di maturità (1994), e poi prosegue con una manciata di altri titoli, oltre a collaborazioni con riviste e giornali. Eppure, nelle sue pagine continua ad avvertirsi la freschezza di chi si accosta alla letteratura come a un mondo tutto da scoprire. Un mondo in cui Raimondi prosegue con i piedi di piombo, misurando le parole con precisione, anche perché l’obiettivo primario del libro è proprio legato alla misura dei racconti – cento parole esatte-, che obbligano evidentemente l’autore ad inserire aggettivi e perifrasi ad hoc. Infine, sfrondando la prosa da tutti i giri di parole, i raccontini diventano dei bocconi leggeri che si leggono come si sgranocchiano i pistacchi, rubandoli dal pacchetto uno dopo l’altro in cerca di una sazietà che si sposta sempre alla pagina successiva. Si passa così dal racconto di un incidente aereo delle Frecce tricolori al racconto dei libri preferiti dell’autore (grandi classici, poche sorprese); si incontrano storie di bambini in pediatria e descrizioni del paesaggio dell’Adda; ricordi di bambino al collegio Cazzulani e da universitario al collegio Ghislieri, in un mosaico di suggestioni accostate senza un fil rouge se non quello imperscrutabile della memoria, ma che spingono a interrogarsi sul perché di questa passeggiata tra il biografico e il lirico, l’umoristico e il drammatico, fino ad arrivare alla pagina 22, all’ultimo racconto, intitolato Beffa goliardica, che accantona il mistero con una vena d’ironia. Federico Gaudenzi (da Il Cittadino di venerdì 14 Giugno 2019, p.38)
Complicità di parole e musica nella comunicazione di emozioni umane. Anche quest'anno l'incontro di giugno ci ha riservato momenti piacevoli. Lo scorso anno era stata Pinuccia Nervi ad organizzare un simpatico evento presso la sala Granata della Biblioteca Laudense per presentarci il suo ultimo volumetto di poesie. Il 14 giugno appena trascorso è stato Alberto Raimondi ad allietare amici del Salotto, familiari e conoscenti, accorsi numerosi presso l'Auditorium dell'Accademia GAFFURIO di Lodi, parlando loro, con la sua consueta semplicità e modestia, della sua ultima pubblicazione, “Raccontini di cento parole”, uscita lo scorso gennaio. I lettori del Notiziario bimestrale ne avevano già letti parecchi in anteprima, visto che l'autore ne aveva pubblicati alcuni, quando forse non pensava ancora di farne una raccolta organica. La novità è stata quella di sentirli riproporre dalla voce stessa di Raimondi, che, nel frattempo, dava qualche delucidazione sulle caratteristiche del suo lavoro e sulle motivazioni dello stesso, nonché sulle modalità della presentazione di testi in alternanza all'esecuzione al pianoforte di brani di musica classica da parte di Fulvia Leone. Tutto è sembrato esser nato per caso, quasi per scherzo o per sfida, sia l'idea di trascrivere ricordi, episodi remoti o recenti in testi brevi e concisi, (spesso gli erano state rivolte critiche circa la sua ridondanza espositiva e gli eccessivi indugi su descrizioni paesaggistiche), sia l'intuizione di poter accostare, a determinati raccontini, brani musicali che ne riprendessero emozioni e spirito di fondo, così da diventarne un'efficace colonna sonora. Detto, fatto. Dopo la 'Promenade' da "Quadri di un'esposizione" di Mussorgsky, adattissima ad introdurci in questa breve rassegna di quadretti /bozzetti, si è dunque passati alla lettura di raccontini raggruppati in temi diversi: Scherzi, Mitica Infanzia, Personaggi di famiglia, …. I testi si ricollegano a vari momenti della vita di Alberto e, tra passato e presente, ci mostrano una persona che, al di là della serietà di fondo, nasconde uno spirito ironico, capace di cogliere dell'esistenza anche quegli attimi che al sentimento profondo mescolano atteggiamenti di una simpatia quasi infantile, nel senso di gioiosa. Personalmente, però, forse perché conosco abbastanza l'autore, ho intuito, nei suoi passaggi rapidi dal passato al presente, il senso di quanto veloce passi la vita e di come le nuove generazioni spingano chi è più in là cogli anni, a ridimensionarsi, a lasciar spazio - in vista di future separazioni - alla vita fresca che con esuberanza avanza, con la consapevolezza che il ciclo dell'esistenza umana è così e non può essere mutato. Mi sembra pertanto che, sotto sotto, il messaggio che l'autore intende rivolgerci sia questo: bisogna vivere gioiosamente ogni giorno e lasciare tenerezza e dolci ricordi a chi con noi ha percorso tratti di questa misteriosa ma affascinante vita terrena e continuerà a farlo fin che Dio vorrà. Su questa lunghezza d'onda, anche nei testi musicali utilizzati durante l'incontro, ho colto echi di simpatia per giovanili birichinate, di sorridente nostalgia per perduti affetti familiari, di allegra e gioiosa vivacità di nipotini ingenui e spensierati, di melanconica consapevolezza di chi si avvia verso la fase del tramonto, e persino di ritmi di cavalli al galoppo, simbolo della voglia e della passione per la vita che tuttora vive nell'autore. O forse la travolgente Danza Bulgara finale di Bartok mi ha confuso le idee e mi ha fatto perdere il vero senso di quanto recepito? Carmen Sobacchi (da “Il Salotto Letterario n.114”, Luglio/Agosto 2019)
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