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Stagioni sfinite
STAGIONI SFINITE Un viaggio attraverso “immotivate emozioni” Si connota di una particolare novità la recente pubblicazione di Enzo D’Antonio, dal titolo “Stagioni sfinite”. Pur costituendo una continuazione e uno sviluppo creativo delle precedenti opere, questa volta affida al lettore la libera interpretazione di quelle che l’Autore definisce “immediate ed immotivate emozioni” e lo rende protagonista; quasi a voler realizzare una implicita relazione che consente di condividere e rielaborare insieme un ulteriore senso di quanto già formulato attraverso i vibranti e a tratti criptici versi e quasi a voler affidare ad essi, come una liberazione, voci della propria interiorità. Esprimere e condividere, senza un immediato scopo, sembrano essere le parole chiave di questa quarta silloge attraverso la quale ognuno può vedere interpretati ed espressi, in modo poetico, frangenti del proprio vissuto. La poesia, infatti, non deve dire nulla, sottolinea l’Autore, e, parafrasando Salinas, quando essa è terminata in realtà non finisce, ma comincia… creando un’altra poesia, nell’autore, nel lettore, nel silenzio fino a dar luogo al cosiddetto malentendu, un provvidenziale fraintendimento, foriero di un ulteriore sviluppo interpretativo e di significati da parte dell’interlocutore, non previsto dall’autore. Attraversando le ‘immediate ed immotivate emozioni” che coinvolgono, interrogano, ridestano e lasciano accedere alle “opere e ai giorni” dell’Autore, si giunge alla poesia il cui titolo suggella l’intera raccolta “Stagioni sfinite”. Ad essa sembra sia stata affidata un ruolo catartico da Enzo D’Antonio ed è possibile intravedere orizzonti nuovi nonostante, apparentemente, alcuni versi sembrino abbandonare ogni speranza come già lo stesso titolo lascia presagire. In questa opera l’Autore affida ai versi il divenire della sua storia attraverso i tortuosi sentieri dell’esistenza, fino a disegnare una “biografia dell’anima”. Essi si snodano nelle stagioni della vita che l’Autore definisce però “sfinite”, quasi a voler sottolineare l’impossibilità di congedi e nuovi inizi, ma piuttosto di interruzioni o sospensioni o, anche, di spazi e tempi vissuti profondendo il massimo delle proprie energie in un combattimento costante tra ciò che si è dato e ciò che invece avrebbe dovuto darsi. Si ha l’impressione come di un fermoimmagine su alcuni momenti precisi della sua esistenza, ma anche il riconoscimento di una natura itinerante dell’esperienza umana; a tratti del valore salvifico della caducità come segnale di appartenenza all’inarrestabile divenire del tutto. La mancata corrispondenza tra le attese interiori e lo sviluppo inimmaginabile di eventi esterni, la disattesa sintonia tra la “vita interiore” e le contingenze, genera un ‘caos’ interiore, rendendo impegnativo ed imprescindibile il quotidiano sforzo di aderire totalmente alla propria incomparabile unicità e in sintonia con il proprio sé profondo. Infatti, da questa scissione, lacerazione, viaggiando attraverso i contrasti dell’esistenza è possibile l’accesso ad una speranza palingenetica. È l’augurio che rivolgo all’Autore per la sua prossima pubblicazione dopo aver voluto contribuire, con la presente recensione a “Stagioni sfinite”, ad una ulteriore interpretazione di “immediate ed immotivate emozioni” come egli verga nell’Introduzione del testo. Adele Cerreta
Ho dovuto leggere più di una volta le stupende poesie di Enzo D 'Antonio sia perche' è mia abitudine non fermarmi alla prima interpretazione sia perche' la particolare complessita' delle liriche lo richiede.Ogni poesia,ogni verso ,ogni parola è un intreccio ,un mescolarsi di spirito e materia,di brutalità e di dolcezza. Colpiscono le"funi di fiori", e i nodi...Intravedo liane intrecciate penzolanti ,in una giungla di sentimenti inabissati nei "mari trapassati" e "oceani alati". Nodi e fiori tornano più volte a rappresentare ,io ritengo,il mistero nascosto dell'essere e la bellezza dei sorrisi esternati.Qualsiasi cosa,qualsiasi commento è riduttivo per queste bellissime poesie.Mi sento di poter dire che sono magnifiche e che vanno lette e rilette perchè ci si trova il proprio "io".Vero è che aleggia una vena di tristezza in tutta l opera :La si trova già nel titolo"Stagioni Sfinite" e nella copertina laddove si intravede la bellezza e la fatica che coniugandosi danno luogo ai nodi e fiori della nostra esistenza.Complimenti all 'autore che ha saputo tramutare in poetica le nostre stagioni sfinite.Ad Maiora!
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