CARRELLO
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Nel suo romanzo “Un diverso altrove”, Enzo Pagano narra una storia a fosche tinte che si svolge nello sfondo di una Bari universitaria cattedratica, perbenista ed ipocrita ma allo stesso tempo mediterranea, dove si percepisce costantemente la presenza e l’odore del mare. Seppur dalle prime righe il romanzo si presenti come un giallo a tutti gli effetti, con l’intera vicenda che si sviluppa sul telaio di un avvenuto omicidio con relativa indagine, continuando la lettura, ciò passa decisamente in secondo piano, in quanto si è subito catturati da altri aspetti, altamente simbolici, che costituiscono le tematiche del libro. Il titolo dà subito un input molto preciso e spinge il lettore a riflettere sul significato di “altrove”; non solo, lo spinge oltre, con l’accostamento dell’aggettivo “diverso”. I personaggi, infatti, portano avanti la loro vita su un doppio binario e in una dimensione conflittuale, vivendo una quotidianità apparentemente “normale”, ma allo stesso tempo, non avendo la forza e il coraggio di esternare i propri sentimenti e le proprie “devianze”, rifugiandosi “altrove”. Enzo Pagano ha avuto il coraggio di affrontare molte tematiche importanti, con cui il lettore è costretto a confrontarsi: l’omosessualità; l’ebraismo; la religione musulmana, confusa troppo spesso con il movimento fondamentalista islamico; l’influenza potente dei mass media; la persecuzione degli ebrei; la follia, vista come rifugio dalla realtà e a volte addirittura come un lusso per pochi. Scrive l’autore, in riferimento ad Auschwitz: “La follia sarebbe stato un rimedio per sottrarsi a quel purgatorio: era un lusso che non potevano concedersi; quello, era riservato solo ai loro aguzzini” (cit pag.191); e ancora la fortuna di coloro che credono in un Dio; la psicoanalisi; la teoria psicologica :“L’unica plausibile….che non sempre, però, può risolvere tutti i problemi del nostro temporaneo e misterioso passaggio…”(cit.p.196); la paranoia umana: “Tutta la storia era impregnata da questa malattia, giustificata da credi religiosi e ideologie politiche che delle iperboli e aggettivi ne avevano fatto un uso strumentale, allo scopo di indicare “l’altro” come il male assoluto. Semplici aggettivi come: perfido, idolatra, infedele; per seminare odio tra i popoli che, senza quella definizione, sarebbero stati soltanto degli uomini e delle donne bisognosi solo di un sostantivo: il pane.” (cit. pag.91; la terapia farmacologica antipsicotica che, secondo il professor Levi, “ col suo “impasticcamento” ha reso la mia vita come se fosse di plastica, i miei gesti al rallentatore, le mie parole un biascico di suoni emessi da una impastatrice; lasciando intatta la capacità razionale di comprendere gli eventi attuali in tutta la loro crudezza.” cit.p.200); le gravi conseguenze a cui portano traumi subiti in età infantile o un rapporto genitoriale sbagliato; il sistema giudiziario corrotto; la condizione carceraria che è tale da essere preferibile un carcere giudiziario o l’isolamento, che, “perlomeno”, salverebbero Zaahid dall’”umiliante sodomizzazione”; (cit. pag.195). Ed è proprio il musulmano Zaahid, fatto passare per un jihadista, il capro espiatorio, che paga a torto sulla propria pelle le spese di un sistema marcio, affinchè la vittima dell’omicidio e la macchina potente che sta alle sue spalle, l’Opus Dei, possano venirne fuori in una luce positiva. Anche i personaggi si possono analizzare secondo diverse chiavi di lettura: da un punto di vista socio-politico, perchè non si sentono accettati nel contesto sociale in cui vivono ed operano, e da una prospettiva psicoanalitica perchè si trovano a dover fare i conti con un vissuto non risolto di abbandono e/o derisione. In una macchina così corrotta nelle alte sfere ed in un tale clima di frustrazione, pur si intravede un messaggio positivo nella voglia di vivere, nonostante tutto, della signorina Flora e nel suicidio del vero assassino, che forse è l’unico a non riuscire a convivere col senso di colpa di sapere una vittima innocente in carcere a scontare una pena al suo posto. Il linguaggio è forbito, preciso, minuziosamente dettagliato e non trascura neanche le descrizioni olfattive : “Al sottofondo di virginia, si aggiungeva quello del muschio o del bergamotto dei due diversi dopobarba…” (cit.p.62) e ancora “… la prima forte attrazione era stata olfattiva; quello dell’antico profumo di Guerlain. Una fragranza sensuale di bergamotto e vetiver….” (cit.p.37) e quelle uditive: “Il crepitio delle foglie calpestate…” (cit.p43) e si alleggerisce tramite il frequente inserimento di dialoghi. Nel contesto socio-politico attuale, in cui le tematiche dell’emarginazione, della tolleranza, dell’accettazione del “diverso” e della vera integrazione sono quanto mai vive, il libro di Enzo Pagano non può non toccare le corde più intime del lettore.
“Un diverso altrove”: un titolo enigmatico. E’ un luogo lontano, chimerico, presente nei sogni più gelosamente coltivati da ognuno di noi, desideroso di estraniarsi da una realtà non appagante, da una quotidianità che smorza la volontà di aderire alla vita? O si tratta di un individuo particolare, uno considerato “diverso” dalla società, uno “non in linea” con chi o ciò che è “normale”? E dove questo “diverso” potrebbe essere se stesso se non in un “altrove”, che è qualcos’altro dalla nostra realtà malata di pregiudizi, di intolleranza, di razzismo, di omofobia? Ti avvicini alla lettura del testo, animata da queste curiosità. E ti si apre un altro scenario di scelte difficili nell’accettazione di sé, di sofferenza nella più completa solitudine, di consapevolezza del male di vivere che attanaglia l’anima di chi è visto e vissuto dagli altri come un “diverso", per professione di fede religiosa, per orientamento sessuale. La storia presenta in primo piano due “diversi”: un ebreo, un professore di filologia romanza, che vive in modo ossessivo la falsità e il perbenismo del mondo accademico; la segretaria di un docente della stessa università, che vive furtivamente la sua omosessualità con un’altalena di speranze e delusioni, gioia ed angoscia dell’abbandono. Il loro vissuto ti porta a mettere in luce di volta in volta spazi della loro interiorità, ma anche ti mette in contatto con persone vittime del loro apparire ciò che non sono in realtà o con altre strumentalizzate per uno scopo. La ricerca della verità per scoprire l’autore del delitto, che dà l’incipit della storia narrata nel libro, è solo il pretesto per ottenere un percorso di conoscenza/accettazione/rivalutazione dell’”altro” nella sua unicità come “persona”.
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